Nei giorni e nelle ore che precedettero il formale inizio delle ostilità il Consiglio dei Ministri approvò una serie di decreti propedeutici al passaggio allo stato di guerra.
Uno di questi poneva limitazioni alla libertà di riunione, di associazione e di parola e dava disposizioni relative alla stampa, attribuendo ai prefetti la facoltà di sequestrare giornali e pubblicazioni, stabilendo altresì la censura telegrafica, telefonica e postale.
Sul piano locale tali disposizioni solo saltuariamente (anche perché si era in assenza di pubblicazioni dichiaratamente contrarie alla guerra) produssero concreti effetti.
Solo nei primi mesi del conflitto alcuni dei periodici teramani si videro parzialmente censurati con alcuni articoli vistosamente pubblicati con la dicitura “censura” nelle parti “incriminate” rimaste in bianco.
Al contrario, quasi a rimarcare una coralità di intenti che coinvolgeva tutti i teramani, al di là delle opzioni politiche precedenti il conflitto, si costituì un “Comitato della Stampa” che, presieduto da Giacinto Pannella in qualità di direttore della “Rivista Abruzzese di Scienze Lettere ed Arti”, raggruppò tutti i giornalisti e tutte le testate teramane prefiggendosi di cooperare, in nome di superiori e supremi interessi per il bene della patria.
All’incontro, propedeutico anche alla ricostituzione della Associazione della Stampa, parteciparono Giovanni Fabbri direttore de “L’Italia Centrale”, Gaetano Cicioni direttore de “L’Araldo Abruzzese”, Domenico Ciccarelli corrispondente de “Il Messaggero”, Panfilo Gammelli, Umberto Biancone direttore de “Il Risveglio”, Aleardo Rubini, Tommaso Bruno Stoppa direttore del “Corriere Abruzzese” e Alberto Scarselli redattore de “Il Popolo Abruzzese”.